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Arbëreshe

 

Gli Arbëreshe in Calabria

Ritratto di Scanderbeg negli Uffizzi di FirenzeNel corso degli anni, ci sono state in tutto otto ondate di migrazioni dall’Albania all’Italia tra il 1400 fino al 1774. Inizió tutto con i primi coloni che si insediarono nei territori dislocati nell’attuale Provincia di Catanzaro, donati da Alfonso d’Aragona per l’aiuto e la vittoria di Giorgio Castriota Scanderbeg (in Albanese Gjergj Kastrioti-Skënderbeu) e le sue milizie nel sopprimere la congiura dei baroni Angioini del 1448. Altri si sono insediati in Calabria per via delle battaglie perse

Gli Albanesi che lasciano Corone

contro l’impero turco-ottomano e la morte di Scanderbeg. I condottieri Albanesi che difendevano l’Albania al confine di Corone (una volta faceva parte dell’Albania) furono premiati da questa difesa all’ultimo sangue con una nuova vita al sicuro in Calabria, proprio come la famiglia Stratigó a Lungro.

Petkat e të mirat tona” (spesso intitolata OJ MORE OJ ARBERI). Canzone arbereshe. Testo dell’archimandrita Pietro Camodeca dei Coronei di Castrortegio (1847-1918) musicata negli anni ’60 da papas Emanuele Giordano di Frascineto. Il canto racconta il dramma della diaspora e cioè della partenza, agli inizi del 500, degli albanesi che occupavano la cittadina di Corone (Morea, al sud della Grecia) verso l’Italia (Arberia) a seguito dell’invasione turca

L’Arbëria ed il rito greco ortodosso

L’ Arbëria non é un luogo preciso, ma l’insieme di tutti i comuni Arbëreshë in Italia. In Calabria ci sono ben 32 comunitá Arbëreshë: 27 a Cosenza, 3 a Crotone e 2 in provincia di Catanzaro.

Nonostante gli arbëreshë siano di religione cattolica, in gran parte delle comunità italo-albanese di Calabria, da più di quattro secoli, seguono il rito greco similmente ai fratelli orientali greco-ortodossi. Agli inizi del nostro secolo, il Vaticano rivolse una maggiore attenzione alla situazione dei fedeli di rito greco per le continue richieste da essi avanzate per la nomina di un vescovo greco in Calabria e di un altro in Sicila, con pieni poteri territoriali. Nel 1919 papa Benedetto XV creava l’Eparchia di Lungro (Cosenza), che raggruppava i paesi italo-albanesi di rito greco del continente, mentre nel 1937 papa Pio Xl costituiva l’Eparchia di Piana degli Albanesi per gli italo-albanesi di Sicilia. Nelle due Eparchie c’erano due seminari minori, uno a S.Basile (Cosenza) e l’altro a Piana. Per il ginnasio e il liceo gli alunni venivano inviati al seminario Benedetto XV di Grottaferrata e infine, per completare gli studi universitari venivano accolti nel Pontificio Collegio greco di Roma. Attualmente l’Eparchia di Lungro conta 33.000 fedeli, 27 parrocchie, 30 sacerdoti, 2 diaconi, 2 religiosi, 40 religiose, 15 istituti di educazione, 2 istituti di beneficenza. Il vescovo attuale é S.E. Mons. Donato Oliverio dal 2012.

Il Battesimo e Matrimonio Greco Ortodosso Arbëreshë:

Lungro, la capitale del Mate

Il Mate arriva a Lungro verso la fine del ‘800 dagli emigranti Lungresi che sbarcarono in Argentina, i quali inviavano quantitá di erba ai parenti rimasti a Lungro in cambio degli aiuti in vestiario ed altro. Viene chiamata yerba mate nel sud america, ed é come il caffé per loro ed i Lungresi, non si possono separare da questa bevanda digestiva.

Viene contenuto con il kunguli chiamato in Arbëreshe che é una zucca secca vuota (Lagenaria siceraria che ora cresce pure a Lungro) con l’orlo in metallo semplice o nobile (argento o d’oro). Poi si beve dalla bumbigia in Argentina bombilla, la cannuccia che ha dei forelli in basso per filtrare il mate.

 

A Lungro, il mate é un rito, ci si siede con gli amici o famiglia d’avanti un camino o braciera e ci si passa il kunguli e la stessa bumbigia con gli altri (la bumbigia non si puó alzare mai dal kunguli durante il rito). É un modo di stare insieme senza avere nessuna distrazione, nessuno si puó alzare o usare i cellulari, c’é solo mate e chiacchiere! Man mano che il Mate passa in torno, il sapore diventa sempre meno forte, la prima persona che lo beve si chiama lo scemo, non si sa il perché, ma ha il sapore piú forte. Ogni famiglia a Lungro ha un ordine ben preciso per berlo. I bambini  lo bevono per ultimo perché é meno forte, ma in alcuni casi sono i piú anziani alla fine; ogni famiglia ha le proprie regole!

 

 

il procedimento per fare il mate tipico é questo: versare due cucchiaini di zucchero all’interno del kungulli, aggiungere un pezzettino di carbone ardente (fingjilli) per aromatizzare il contenitore; inserire la bumbigia, aggiungere il mate sino all’orlo, due cucchiaini di zucchero e acqua quanto basta non del tutto bollente. La bevanda è ora pronta per essere aspirata tramite la cannuccia. Questo procedimento può proseguire fino a che siano stati utilizzati circa due litri d’acqua.

 

Si puó pure bere con il latte invece dell’acqua, si puó bere freddo in estate oppure, invece di berlo si odora il vapore che esce per far passare il raffreddore, con una scorza di arancia assecchita, zucchero e carbone ardente. Spesso si fanno anchedei biscotti tradizionali Lungresi chiamati ‘dominique‘ che sono poco zuccherati, ben cotti al forno a legna. A Lungro esiste la casa del mate, che fa parte della casa-museo di Anna Stratigó, dove tutte le generazioni dei Stratigó hanno abitato nella stessa casa dal 1533 formando in tutto 14 generazioni con il nipote di Anna!

Anna stratigó ha fatto conoscere il mate a molte persone grazie alla sua casa del mate ed anche alla sua canzone. Lo ha persino offerto a Papa Francesco, e lo ha gradito molto. Lo stesso é con Jovanotti, si é innamorato subito del Mate grazie a Lungro! Per lo piú ogni primo Agosto a Lungro si organizza l’evento Mateando!

 

 

La canzone del Mate, cantata sia in Arbereshe che in Castigliano:

Mele Alfonso – Vice Sindaco di Lungro
“A Lungro c’é una grande tradizione intorno a questo rito. Il mate per Lungro é socialitá, é famiglia, é amicizie, é Lungro. É qualcosa che ci rende unici nel mondo oltre i sud americani in particolare Argentini, e ci rende felici. Felici perché oltre a questa storia curiosa, a noi il Mate ci piace. In ogni casa a Lungro abbiamo bumbiji e kunguli che sarebbe bombilla e mate, ed ogni famiglia ha il suo rituale. Questo ci unisce in una maniera incredibile agli Argentini, e ci fa ricordare ogni giorno che la loro terra é un pó anche la nostra terra. Dietro ogni sorso di Mate, c’é la storia di qualche Lungrese che il Mate ce lo ha fatto conoscere. Dietro ogni sorso del Mate, c’é l’orgoglio dei nostri nonni, dei nostri bisnonni, e con il cuore a pezzi hanno lasciato la loro terra, per andare in Argentina a cercare fortuna, a cercare una vita dignitosa, e noi sappiamo che questa vita dignitosa e che questa accoglienza in Argentina, loro l’hanno avuta e l’hanno ricevuta. Ognuno di noi ha qualche parente in Argentina, io ho una cugina in Buenos Aires. Spesso ci scriviamo con queste persone anche se abitiamo ad un oceano di distanza perché realmente ci sentiamo fortemente legati alla loro terra, anche grazie al Mate!”

 

Prodotti Tipici

La cucina degli arbëreshë è connessa ai riti religiosi ed è parte del costume culinario calabrese. Nei piatti l’influenza mediterranea è potente, soprattutto per gli ingredienti: frutta secca e miele, ad esempio, caratterizzano i dolci. I piatti di questa cultura sono semplici ed essenziali: oltre a pietanze classiche come carni, minestre di erbe, frittate di verdure, la cucina arbëreshë regala ricette del tutto peculiari e da salvaguardare.

Dromësat o Dromsa

I Dromsa sono un tipo di pasta antica e povera, assomiglia un pó alla fregola sarda. Una volta che si faceva la pasta, la farina avanzata non si buttava. Sono mucchi di farina da cuocere direttamente nel sugo di pomodoro o con altre salse o zuppe. Per preparare le briciole di pasta, si benedice la pasta con un mazzetto di origano nell’ acqua, si setaccia e rimangono le Dromsa. Infine si celebra il matrimonio con il sugo.
                     Metodo di preparazione :
1. Sulla spianatoia cospargete della farina, fino ad ottenere un velo di circa mezzo centimetro di spessore.
2. In una ciotola d’acqua intingete un rametto di origano battezzando la farina fino ad ottenere delle palline che in seguito strofinerete tra le mani bagnate separandole poi dalla polvere di farina con il setaccio, ripetendo l’operazione fino a quando tutta la farina prende forma di palline.

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